BREXIT UP IN THE AIR

“ BREXIT MEANS BREXIT “
A SEGUITO DELLA BREXIT IL REGNO UNITO PERDERA’ L’ACCESSO AL MERCATO UNICO DELL’AVIAZIONE CIVILE, CON LA CONSEGUENZA DI DOVER RINEGOZIARE I PROPRI RAPPORTI CON L’UE, GLI STATI MEMBRI E GLI STATI TERZI.
INOLTRE CESSERA’ DI ESSERE MEMBRO DELL’AGENZIA EUROPEA PER LA SICUREZZA AEREA (EUROPEAN AVIATION SAFETY AGENCY – “EASA”) CHE, TRA LE ALTRE COSE, RILASCIA PER CONTO DEGLI STATI MEMBRI I CERTIFICATI DI CONFORMITÀ DEGLI AEROMOBILI.

MA FACCIAMO UN PASSO INDIETRO PER CAPIRE MEGLIO DI CHE COSA SI STA PARLANDO.

SPAZIO AEREO COMUNE EUROPEO (SACE)
Primi anni ’90: la liberalizzazione del mercato unico dell’aviazione consente ad ogni compagnia aerea registrata in uno degli Stati membri dell’Unione europea di offrire servizi aerei su qualsiasi rotta all’interno dei confini europei, senza essere soggetta ad alcuna restrizione relativa alle rotte operate, al numero di voli programmati o alla fissazione delle tariffe.
La creazione del mercato unico dell’aviazione ha favorito (i) la costituzione e la crescita di numerose compagnie low cost, quali RyanAir, EasyJet, Vueling, Norwegian, (ii) la proliferazione e lo sviluppo di aeroporti – inizialmente considerati secondari – che hanno sfruttato il boom delle low cost diventandone gli hub principali, ed infine (iii) i consumatori che hanno beneficiato di prezzi più bassi e servizi più efficienti.

Lo Spazio Aereo Comune Europeo (European Common Aviation Area – “SACE”) estende i benefici del mercato unico dell’aviazione oltre i confini degli Stati membri dell’UE, includendo la Norvegia, l’Islanda, l’Albania, la Bosnia Erzegovina, la Croazia, la Macedonia, il Montenegro, la Serbia e il Kosovo. Anche il Leichtenstein beneficia dei privilegi del mercato unico dell’aviazione in quanto Stato facente parte dello Spazio Economico Europeo (“SEE”).
Il mercato unico dell’aviazione ha infine prodotto effetti anche a livello globale. Infatti, a partire dal 2001, gli Stati membri dell’UE hanno cercato di estendere i benefici del mercato unico dell’aviazione agli accordi bilaterali di servizio aereo conclusi con gli Stati terzi. Tali accordi si basano sulla cosiddetta “clausola del vettore comunitario”, secondo cui gli Stati terzi concedono alle compagnie aeree europee le stesse condizioni riconosciute alle compagnie aeree stabilite sui loro territori.

SICUREZZA AEREA. EASA
Il regolamento (CE) n. 216/2008 statuisce che gli Stati terzi possono aderire all’EASA (European Aviation Safety Agency) qualora siano parti contraenti della Convenzione di Chicago del 1944 relativa all’aviazione civile internazionale ed abbiano stipulato accordi con l’UE in forza di cui si impegnano ad applicare sul proprio territorio le norme dell’UE in materia di sicurezza aerea.

In forza di tale previsione del regolamento (CE) n. 216/2008 aderiscono all’EASA anche Stati terzi quali l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia e la Svizzera.

Dunque, qualora il Regno Unito, dopo l’uscita dall’UE, diventasse Stato membro dell’EASA in forza del regolamento, sarebbe chiamato a rispettare la legislazione UE in materia di sicurezza aerea, ma senza poter esercitare alcuna influenza nell’ambito dei processi decisionali.

I TERMINI CHE REGOLERANNO I FUTURI RAPPORTI TRA IL REGNO UNITO E L’UE NEL SETTORE DELL’AVIAZIONE SARANNO DEFINITI DAGLI ACCORDI DI RECESSO CHE DOVREBBERO ESSERE CONCLUSI A SEGUITO DEL RICORSO DA PARTE DEL GOVERNO BRITANNICO ALL’ARTICOLO 50 DEL TRATTATO SULL’UNIONE EUROPEA.

Si presume che il Regno Unito a partire dall’autunno 2016 condurrà le negoziazioni che, entro due anni dall’attivazione della clausola di recesso di cui all’art. 50 del TUE, perseguiranno due obiettivi di per sé non immediatamente riconciliati: garantire, da un lato, l’accesso al mercato unico dell’aviazione civile alle compagnie aeree e ai cittadini britannici, dall’altro, la libertà di adottare una propria legislazione nel settore aereo.

Ecco tre possibili opzioni attraverso cui il Regno Unito e l’UE potrebbero regolare i propri rapporti.

a) Adesione al SACE
L’adesione al SACE, che garantirebbe al Regno Unito pieno accesso al mercato unico dell’aviazione, è soggetta al rispetto di due condizioni: (a) l’accettazione e l’implementazione di tutta la legislazione europea disciplinante il settore e (b) la creazione di una stretta cooperazione economica (per esempio per il tramite di un Accordo di Associazione) con l’UE. Dunque l’adesione al SACE comporterebbe per il Regno Unito l’obbligo di conformarsi alla normativa dell’UE, su cui però non potrebbe più esercitare influenza, e un limitato margine di libertà nell’implementare una propria legislazione nazionale in materia. Anche qualora il Regno Unito rispettasse questi due requisiti, non è tuttavia certo che possa diventare automaticamente membro del SACE, in quanto gli altri Stati membri potrebbero essere riluttanti ad accogliere il Regno Unito e sottoporsi alla forte concorrenza delle sue compagnie aeree low cost e tradizionali. Inoltre, gli accordi relativi al SACE non contengono previsioni circa le conseguenze del recesso di uno Stato membro dall’UE.
Detto ciò, è significativo che Easyjet abbia già presentato sia al Governo britannico che alla Commissione europea la richiesta di continuare ad avere accesso al mercato unico dell’aviazione, anche per il tramite dell’adesione al SACE, subito dopo il referendum, per evitare un’irreparabile perdita economica e di passeggeri.

Il timore di Easyjet – come probabilmente di altre compagnie aeree britanniche – di non poter più accedere al mercato unico dell’aviazione è giustificato dal fatto che le stesse, al fine di poter continuare ad operare in Europa, saranno costrette a costituire una filiale in uno Stato membro UE e verosimilmente a spostare la flotta od una sua parte rilevante sotto la bandiera (nazionalità) di uno Stato membro. Un discorso parzialmente analogo vale per le compagnie europee che dovranno stabilire una filiale nel Regno Unito per prestare servizi aerei sul territorio britannico.

Ulteriore fonte di preoccupazione potrebbe nascere dal fatto che il regolamento (UE) n. 95/93 relativo a norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti europei, non sarà più automaticamente applicato al Regno Unito. In base a questo regolamento, le bande orarie disponibili per atterraggio e decollo (i cosiddetti slots) devono essere usate in maniera efficiente ed assegnate in modo equo, non discriminatorio e trasparente. Pertanto, il Regno Unito e l’UE si troveranno a dover negoziare l’accesso ai diritti di atterraggio e decollo negli aeroporti dei rispettivi territori, con il rischio per le compagnie aeree britanniche ed europee di perdere importanti slots aeroportuali e conseguenti volumi di traffico.

b) Accordi bilaterali su misura tra il Regno Unito e l’UE
L’alternativa all’adesione al SACE consiste nella stipula di un accordo bilaterale su misura, come ad esempio quello che disciplina i rapporti tra UE e Svizzera. In questo modo, alle compagnie aeree del Regno Unito verrebbe garantito accesso – sebbene non completo – al mercato unico dell’aviazione.

Ad ogni modo, come insegna l’esperienza svizzera, questo modello vincola l’altra parte contrattuale (cioè ora la Svizzera, eventualmente in futuro il Regno Unito) a rispettare la legislazione e i principi dell’UE, senza che la stessa possa esercitare influenza politica nell’ambito del loro processo di adozione; ne consegue che anche in questo caso la tanto desiderata libertà del Regno Unito di definire una propria politica in materia di trasporti aerei sarebbe potenzialmente limitata.

Inoltre, l’accordo sul trasporto aereo è stato siglato nel contesto di un pacchetto che comprende altri accordi con cui la Svizzera si è impegnata a rispettare, non solo la legislazione UE disciplinante il settore dell’aviazione, ma anche le quattro libertà fondamentali di circolazione dei beni, dei servizi, dei capitali e dei lavoratori. Tutti gli accordi facenti parte del pacchetto sono tra di loro strettamente collegati, nel senso che l’inadempimento di uno di essi (per esempio quello sulle libertà fondamentali) comporterebbe la caducazione degli altri (per esempio quello sul trasporto aereo).

È facile intuire come il Regno Unito non potrebbe ottenere un accordo sull’accesso al mercato unico dell’aviazione senza concedere, ad esempio, forme di apertura delle proprie frontiere ai lavoratori di altri Stati membri dell’UE; cosa, che però rappresenta una delle ragioni principali per cui il popolo britannico ha deciso di votare a favore della Brexit.

c) Nessun accordo formale con l’UE
In mancanza di un accordo quadro, ogni accordo bilaterale sui servizi aerei tra il Regno Unito e l’UE sarebbe strettamente limitato all’accesso al mercato unico dell’aviazione. In questo modo il Regno Unito avrebbe la massima libertà decisionale circa le proprie politiche interne, essendo solamente soggetto a livello internazionale alla Convenzione di Chicago. Tuttavia, scegliendo questa opzione il Regno Unito verrebbe escluso da tutte le iniziative europee, come ad esempio il cielo unico europeo.

A SEGUITO DELLA BREXIT, GLI ACCORDI INTERNAZIONALI CONCLUSI DALL’UE CON GLI STATI TERZI NON SI APPLICHEREBBERO PIÙ AL REGNO UNITO IL CUI GOVERNO SAREBBE CHIAMATO A RINEGOZIARE NUOVE CONDIZIONI, AFFINCHÉ LE PROPRIE COMPAGNIE AEREE POSSANO CONTINUARE AD AVERE ACCESSO A TALI MERCATI.

L’UE ha nel corso degli anni negoziato trattati onnicomprensivi con Stati terzi che si presentano, il più delle volte, nella forma di un singolo blocco commerciale formato da più accordi disciplinanti vari settori tra cui quello dell’aviazione.

Il più noto di tali accordi è quello denominato “Open skyes”, concluso con gli Stati Uniti d’America, ed entrato in vigore nel 2008, che consente alle compagnie aeree di entrambe le parti di volare da qualsiasi Stato membro dell’UE verso qualsiasi destinazione negli USA e viceversa. In aggiunta, l’UE ha concluso accordi bilaterali con il Canada, il Marocco, i paesi dei Balcani occidentali, la Giordania, la Georgia, la Moldavia, Israele e il Brasile.

Inoltre, nel dicembre 2015, l’UE ha lanciato un’iniziativa per negoziare accordi di aviazione a livello europeo con un certo numero di altri Stati terzi, compresa la Turchia, la Cina, il Messico, l’Armenia, gli Stati del Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG), nonché il primo accordo con un altro blocco di paesi, quello con l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN).

A seguito della Brexit, gli accordi internazionali conclusi dall’UE con gli Stati terzi non si applicherebbero più al Regno Unito il cui Governo sarebbe chiamato a rinegoziare nuove condizioni, affinché le proprie compagnie aeree possano continuare ad avere accesso a tali mercati.
A tal proposito è opportuno rimarcare alcuni aspetti. Prima di tutto le negoziazioni di accordi di servizi aerei con Stati terzi richiedono molto tempo, ragione per cui nel frattempo i rapporti tra il Regno Unito e gli Stati terzi potrebbero essere regolati dai Trattati che si applicavano prima dell’entrata in vigore degli accordi onnicomprensivi stipulati dall’UE (per esempio, nel caso delle relazioni con gli USA, il Regno Unito potrebbe fare ricorso all’Accordo di Bermuda II del 1976 tra gli USA e il Regno Unito).
Anche qualora i vari accordi fossero conclusi, questi non darebbero alle compagnie britanniche la possibilità di volare da un altro Stato membro dell’UE (come per esempio la Francia) ad uno Stato terzo (come per esempio gli USA). Ciò comporterebbe che il Regno Unito dovrebbe a sua volta negoziare accordi con l’UE e con lo Stato terzo interessato al fine di consentire a compagnie britanniche di volare nelle rotte UE–Stati terzi, così come a compagnie non britanniche di volare nelle rotte Regno Unito– Stati terzi e viceversa.

Al fine di evitare queste problematiche, il Regno Unito, qualora decidesse di diventare Stato parte del SACE, potrebbe negoziare un accordo simile a quello firmato da Norvegia e Islanda che, pur non essendo Stati membri dell’UE, sono comunque parti dell’accordo “Cieli aperti” UE–USA.

DUE POSSIBILITA’ PER IL REGNO UNITO
Alla luce di quanto sopra, sembrano prospettarsi due possibilità per il Regno Unito. La prima consiste nel mantenere il più possibile lo status quo circa i diritti di traffico aereo,continuando ad avere accesso al mercato unico dell’aviazione civile, anche per il tramite dell’adesione al SACE.
Come detto, ciò comporta che il Regno Unito dovrebbe continuare ad applicare sul proprio territorio la legislazione UE in materia di trasporto aereo, oltreché rispettare le quattro libertà fondamentali, senza però avere più influenza decisionale sulle politiche europee.
Da notare che la legislazione UE disciplinante il settore dell’aviazione è molto ampia e comprende, ad esempio, norme concernenti il diritto di accesso al mercato unico dell’aviazione, la sicurezza aerea, la gestione del traffico aereo, le certificazioni degli aereomobili, le abilitazioni del personale di volo, la tutela dell’ambiente, i rapporti di lavoro del personale di volo, i diritti dei consumatori, e la gestione economica degli aeroporti, oltreché le norme specifiche in materia di concorrenza e di aiuti di Stato.

La seconda possibilità è, di fatto, la “rottura” dei rapporti tra il Regno Unito e l’UE che, sebbene da un lato garantirebbe al Governo britannico ampia libertà decisionale circa le proprie politiche interne, dall’altro, porterebbe la più grande incertezza circa i termini di accesso al mercato unico dell’aviazione.