AIUTI DI STATO ILLEGALI A GIBILTERRA. LA COMMISSIONE DEFERISCE IL REGNO UNITO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA AVVALENDOSI DI UNA COMPETENZA SPECIALE POST BREXIT

Poiché la compatibilità degli aiuti di Stato con il mercato interno rientra nella competenza esclusiva della Commissione, gli Stati Membri sono tenuti a notificare in anticipo a quest’ultima i progetti diretti a istituire o modificare tali aiuti, non potendo dare esecuzione alle misure progettate prima di una decisione in merito[1], pena la loro illegalità. Successivamente, qualora ritenga un aiuto illegale incompatibile con il mercato interno, la Commissione può adottare una decisione che impone allo Stato Membro interessato di porre in essere tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario[2].

Ancorché, in seguito al recesso dall’Unione, il Regno Unito sia divenuto un Paese terzo, qualora esso non ottemperi ad una decisione della Commissione precedente al 31 dicembre 2020, quest’ultima può adire la Corte di Giustizia dell’Unione Europea entro quattro anni dalla fine del periodo di transizione[3]. Di conseguenza, in data 19 marzo 2021 la Commissione ha deferito il Regno Unito alla Corte per non aver recuperato integralmente gli aiuti di Stato illegali pari a circa 100 milioni di euro concessi tramite esenzioni fiscali degli interessi da prestiti infragruppo e del reddito derivante da royalties prevista dalla legislazione speciale di Gibilterra. Gibilterra non è un soggetto autonomo di diritto internazionale, ed il suo operato è riferibile al Regno Unito, del quale costituzionalmente fa parte.

Si tratta del terzo provvedimento adottato dalla Commissione nei confronti del Regno Unito negli ultimi sei mesi. In data 1° ottobre 2020,  la Commissione aveva inviato una lettera di costituzione in mora al Regno Unito per aver violato i propri obblighi derivanti dall’Accordo di recesso attraverso l’approvazione del c.d. “Internal Market Bill” del 9 settembre 2020[4], ed in data 15 marzo 2021 aveva inviato un’ulteriore lettera di costituzione in mora al Regno Unito per aver violato le disposizioni sostanziali del Protocollo su Irlanda/Irlanda del Nord nonché sull’obbligo di buona fede sorgente ai sensi dell’Accordo di recesso[5].

Questi i fatti. 

In data 16 ottobre 2013, la Commissione aveva avviato un’indagine formale al fine di verificare se le esenzioni fiscali previste dalla nuova legge sull’imposta sul reddito entrata in vigore a Gibilterra (c.d. “Income Tax Act 2010”) favorissero in maniera selettiva talune imprese in violazione delle norme europee in materia di aiuti di Stato. Più particolarmente, l’indagine della Commissione riguardava i redditi da interessi da prestiti infragruppo e derivati da royalties percepiti o da percepire, rispettivamente, tra il 1o gennaio 2011 e il 30 giugno 2013 e tra il 1o gennaio 2011 e il 31 dicembre 2013, nonché cinque ruling fiscali concessi a soci residenti a Gibilterra di società in accomandita semplice neerlandesi, ed attuati illegittimamente dal Regno Unito. Con Decisione (UE) 2019/700 del 19 dicembre 2018[6], la Commissione aveva qualificato tali misure come aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno, imponendone il recupero entro il 23 aprile 2019.

A più di due anni dalla decisione della Commissione, tuttavia, le autorità di Gibilterra non avevano ancora recuperato tutti gli aiuti illegali. Nonostante esse avessero identificato quattro dei cinque beneficiari, il procedimento di recupero è stato completato solamente per due di loro, e meno del 20% dell’importo totale dell’aiuto è stato restituito. Più particolarmente, il recupero è ancora in corso nei confronti della Mead Johnson Nutrition e della Fossil, le cui vicende hanno ora assunto una dimensione europea che allo stato ha portato le autorità britanniche e quelle nazionali competenti a ritardare o sospendere i provvedimenti di recupero.

Nello specifico, in data 15 luglio 2019 la Mead Johnson Nutrition ha proposto un ricorso[7] dinnanzi al Tribunale dell’Unione per l’annullamento della Decisione (UE) 2019/700 deducendo sei motivi di ricorso, vertenti su errori di diritto e/o di valutazione commessi dalla Commissione i) in merito alle pertinenti disposizioni dell’Income Tax Act 2010, ii) nel classificare la non imposizione del reddito derivante da royalties estraneo all’attività d’impresa ai sensi dell’Income Tax Act 2010 come una “deroga”, “esenzione” o “esenzione implicita” dal regime di tassazione delle imprese di Gibilterra, iii) nel non individuare alcun vantaggio economico come conseguenza della non imposizione del reddito derivante da royalties estraneo all’attività d’impresa, iv) nel classificare erroneamente la non imposizione del reddito derivante da royalties estraneo all’attività d’impresa come un vantaggio selettivo, v) nello stabilire che tale vantaggio comprendeva anche la non imposizione del reddito derivante da royalties che non era effettivamente aumentato in, o derivato da, Gibilterra, e vi) nel classificare il presunto aiuto come nuovo invece che come già esistente.

Nell’ambito del procedimento nazionale che vede coinvolta la Fossil, invece, in data 21 dicembre 2020 l’Income Tax Tribunal di Gibilterra aveva proposto un rinvio pregiudiziale[8] alla Corte di Giustizia chiedendo se la concessione, da parte del Commissioner of Income Tax, di una riduzione d’imposta ai sensi dell’Income Tax Act 2010 per le imposte pagate negli Stati Uniti in relazione al reddito da royalties della ricorrente violi la Decisione 2019/700 o se quest’ultima osti all’adozione di una siffatta misura per altri motivi. 

Il deferimento del Regno Unito alla Corte di Giustizia da parte della Commissione viene, quindi, a sovrapporsi ad altri due giudizi pendenti connessi, sempre vertenti sulla legalità degli aiuti di Stato fiscali già vigenti a Gibilterra, con un inedito scenario di ultrattività del diritto e delle regole di funzionamento dell’Unione e delle sue competenze nei confronti di uno Stato divenuto terzo. Ciò si aggiunge alle sempre più numerose complessità ed incertezze del quadro geopolitico e giuridico post Brexit.

Marco Stillo


[1] L’articolo 108 TFUE ai paragrafi 2-3 dispone: “… Qualora la Commissione, dopo aver intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni, constati che un aiuto concesso da uno Stato, o mediante fondi statali, non è compatibile con il mercato interno a norma dell’articolo 107, oppure che tale aiuto è attuato in modo abusivo, decide che lo Stato interessato deve sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato.

Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale decisione entro il termine stabilito, la Commissione o qualsiasi altro Stato interessato può adire direttamente la Corte di giustizia dell’Unione europea, in deroga agli articoli 258 e 259.

A richiesta di uno Stato membro, il Consiglio, deliberando all’unanimità, può decidere che un aiuto, istituito o da istituirsi da parte di questo Stato, deve considerarsi compatibile con il mercato interno, in deroga alle disposizioni dell’articolo 107 o ai regolamenti di cui all’articolo 109, quando circostanze eccezionali giustifichino tale decisione. Qualora la Commissione abbia iniziato, nei riguardi di tale aiuto, la procedura prevista dal presente paragrafo, primo comma, la richiesta dello Stato interessato rivolta al Consiglio avrà per effetto di sospendere tale procedura fino a quando il Consiglio non si sia pronunciato al riguardo.

Tuttavia, se il Consiglio non si è pronunciato entro tre mesi dalla data della richiesta, la Commissione delibera.

Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno a norma dell’articolo 107, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale…”.

[2] Regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, GUUE L 248 del 24.09.2015. L’articolo 16 del Regolamento, intitolato “Recupero degli aiuti”, dispone: “… Nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario («decisione di recupero»). La Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto dell’Unione.

All’aiuto da recuperare ai sensi di una decisione di recupero si aggiungono gli interessi calcolati in base a un tasso adeguato stabilito dalla Commissione. Gli interessi decorrono dalla data in cui l’aiuto illegale è divenuto disponibile per il beneficiario, fino alla data del recupero.

Fatta salva un’eventuale ordinanza della Corte di giustizia dell’Unione emanata ai sensi dell’articolo 278 TFUE, il recupero va effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione. A tal fine e in caso di procedimento dinanzi alle autorità giudiziarie nazionali, gli Stati membri interessati adottano tutte le misure necessarie disponibili nei rispettivi ordinamenti giuridici, comprese le misure provvisorie, fatto salvo il diritto dell’Unione…”.

[3] Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica, GUUE L 29 del 31.01.2020. L’articolo 87 dell’Accordo, intitolato “Nuove cause dinanzi alla Corte di giustizia”, ai paragrafi 1-2 dispone: “… La Commissione europea, quando reputi che il Regno Unito abbia mancato a uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù dei trattati o della parte quarta del presente accordo prima della fine del periodo di transizione, può adire la Corte di giustizia dell’Unione europea entro quattro anni dalla fine del periodo di transizione nelle modalità stabilite all’articolo 258 TFUE o, secondo il caso, all’articolo 108, paragrafo 2, secondo comma, TFUE. Per tali cause è competente la Corte di giustizia dell’Unione europea.

Se il Regno Unito non si conforma a una decisione di cui all’articolo 95, paragrafo 1, del presente accordo o non dà effetto nel proprio ordinamento giuridico a una siffatta decisione rivolta a una persona fisica o giuridica residente o stabilita nel Regno Unito, la Commissione europea può adire la Corte di giustizia dell’Unione europea entro quattro anni dalla data della decisione nelle modalità stabilite all’articolo 258 TFUE o, secondo il caso, all’articolo 108, paragrafo 2, secondo comma, TFUE. Per tali cause è competente la Corte di giustizia dell’Unione europea…”.

[4] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.

[5] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.

[6] Decisione (UE) 2019/700 della Commissione, del 19 dicembre 2018, relativa all’aiuto di stato SA.34914 (2013/C) attuato dal Regno Unito in relazione al regime di tassazione delle imprese a Gibilterra, GU L 119 del 07.05.2019.

[7] Causa T-508/19, Mead Johnson Nutrition (Asia Pacific) e a./ Commissione.

[8] Causa C-705/20, Fossil (Gibraltar).