LA BREXIT E IL MERCATO DELL’ARTE

Introduzione

Londra è riconosciuta universalmente come la capitale europea del mercato dell’arte e uno dei più importanti centri a livello globale. Prima di conoscere l’esito del referendum sulla Brexit molti analisti avevano espresso preoccupazione sulle possibili conseguenze per il settore dell’arte derivanti dall’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Una volta appurata la volontà del popolo britannico, le perplessità degli analisti si sono concentrate sugli esiti del negoziato tra Londra e Bruxelles. Ora che la prospettiva di una hard Brexit sembra sempre più probabile, ci si interroga sulle possibili conseguenze di un divorzio senza alcun accordo anche nel settore dell’arte.

Le previsioni di un crollo, o comunque di una netta diminuzione, degli scambi dovuto alla Brexit fino ad ora non si sono rivelate realistiche. Gli asset più pregiati nel mercato dell’arte sono sempre più considerati come beni rifugio sui quali investire durante i periodi di incertezza economica, e nonostante la crisi finanziaria dello scorso decennio, il mercato dell’arte ha saputo reagire con scambi e quotazioni in costante crescita, con il mercato dell’arte contemporanea, in particolare, che ha visto raddoppiare il suo valore dalla ripresa post-crisi finanziaria ad oggi[1]. Per contro, a livello globale, nel 2016 si è registrato un declino rispetto agli anni precedenti con una diminuzione delle vendite dell’11% rispetto al 2015. Di conseguenza, è complesso comprendere appieno l’effetto Brexit su questo trend. L’impatto più immediato è stato quello di far crollare il valore della sterlina al suo minimo rispetto al dollaro americano negli ultimi trent’anni, per poi risalire, seppur rimanendo volatile. Se da un lato, ciò può aver scoraggiato la vendita di opere nelle aste londinesi, dall’altro ha fatto aumentare gli acquisti da parte di collezionisti internazionali che hanno beneficiato della debolezza della sterlina[2]. Il 2017 ha visto la vendita record di un dipinto di Leonardo Da Vinci, il “Salvator Mundi”, aggiudicato ad una asta a New York, nel novembre 2017, per 450 milioni di dollari USA (circa 380 milioni di euro, inclusi i diritti d’asta): si tratta dell’opera d’arte più costosa della storia. Tuttavia, non sono ancora disponibili analisi dettagliate sull’andamento del mercato nell’anno appena conclusosi, anche se si ravvisa un’influenza negativa sugli scambi causata dal rafforzarsi dei partiti populisti in Europa e dalle rinnovate tendenze protezionistiche negli Stati Uniti d’America, mentre le politiche fiscali statunitensi potrebbero avere, in prospettiva, effetti positivi anche se limitati al mercato high-end.

Indipendentemente dalla prospettiva macro-economica globale, una Brexit senza alcun accordo nel settore dell’arte comporterà conseguenze reali che dipenderanno, in larga misura, dalle scelte del Governo britannico. I principali campi sensibili riguarderanno i dazi doganali, l’IVA sull’importazione e i diritti d’autore sulle vendite successive di un’opera originale.

Una nuova frontiera

L’uscita dall’Unione Europea comporterà il ritorno della frontiera doganale, e con essa la cessazione del libero scambio di merci all’interno del Mercato Unico. Le opere d’arte che fino ad oggi circolavano tra i diversi Stati Membri senza imposizione di dazi non saranno più esenti, con un impatto che, a seconda della classificazione dell’opera importata, corrisponderà ad una determinata percentuale del suo valore. Ciò potrebbe rivelarsi particolarmente critico per le esportazioni e le importazioni temporanee di opere d’arte destinate, ad esempio, ad essere esposte in una mostra o se la loro destinazione finale non è il Paese in cui si trovano. Per questo motivo, il nuovo Codice Doganale dell’Unione[3], entrato in vigore a maggio 2016, prevede un regime di ammissione temporanea che esenta dal pagamento dei dazi sull’importazione di opere esterne all’Unione Europea e destinate a rimanere in uno Stato Membro per non più di due anni[4]. Al momento dell’uscita del Regno Unito dall’Unione, il Codice Doganale cesserà di applicarsi e, in assenza di accordi specifici, tutte le opere britanniche saranno considerate come opere di un Paese terzo, mentre tutte le opere d’arte provenienti da Stati Membri saranno considerate dal Regno Unito come opere di Paesi terzi. La normativa britannica antecedente al Codice Doganale dell’Unione già prevedeva un’esenzione dai dazi per l’ammissione temporanea di opere d’arte provenienti da Paesi terzi[5]; è dunque presumibile che tale previsione venga mantenuta, così da limitare al minimo gli effetti della Brexit sull’organizzazione di mostre e sul mercato delle aste, oltre che per obiettivi di diffusione dell’arte e della cultura. 

L’IVA sull’importazione di opere d’arte

Il Regno Unito assoggetta i beni importati sul suo territorio e provenienti da uno Stato extra-UE ad un’aliquota IVA pari a quella prevista per gli stessi beni prodotti sul suo territorio. Dal giorno in cui il Regno Unito lascerà l’Unione, tutti i beni, comprese le opere d’arte provenienti dagli Stati Membri, dovranno considerarsi come provenienti da uno Stato terzo. Conseguentemente, anche le opere d’arte saranno sottoposte all’IVA al momento della loro importazione. La legislazione britannica prevede un trattamento di favore per questo tipo di beni con un’aliquota effettiva del 5%[6], con potenziali effetti positivi sul commercio delle opere tra Unione e Regno Unito, poiché l’aliquota normalmente applicata alle opere d’arte create sul territorio britannico o provenienti dall’Unione europea è attualmente fissata al 20%. Anche in questo caso sono previste esenzioni per le opere importate temporaneamente per un periodo di non più di due anni[7].

Copyright e diritti sulle successive vendite dell’originale

La normativa europea[8] tutela i diritti d’autore sulle opere artistiche. Tuttavia, in considerazione delle caratteristiche tipiche del mercato dell’arte, dove un’opera dopo la prima vendita da parte dell’artista o del gallerista che lo rappresenta può essere liberamente venduta molteplici volte nel secondary market, l’Unione Europea ha deciso di tutelare ulteriormente l’autore con l’introduzione della Direttiva 2001/84/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, relativa al diritto dell’autore di un’opera d’arte sulle successive vendite dell’originale[9]. Ai sensi della Direttiva, gli Stati Membri devono prevedere a favore dell’autore il diritto ad un compenso commisurato al prezzo per ogni vendita successiva alla prima cessione da parte dell’autore. Le opere che rientrano nell’ambito di applicazione della Direttiva sono le creazioni eseguite dall’artista stesso o gli esemplari considerati come opere d’arte e originali, nonché le copie di opere prodotte in numero limitato dall’artista stesso o sotto il suo controllo. Spetta a ciascuno Stato Membro definire il prezzo minimo al di sopra del quale l’opera sarà soggetta al diritto sulle successive vendite, ma esso non potrà in alcun caso essere superiore a 3.000 euro e dovrà essere applicato a tutte le vendite successive che comportano l’intervento, in qualità di venditori, acquirenti o intermediari, di professionisti del mercato dell’arte, come le case d’asta, le gallerie e, in generale, qualsiasi commerciante di opere d’arte, ad eccezione delle vendite effettuate da persone che agiscono a titolo privato e a musei senza scopo di lucro e aperti al pubblico. La durata della protezione corrisponde alla durata prevista in generale per i diritti d’autore sulle opere letterarie ed artistiche, vale a dire, tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno dopo la sua morte indipendentemente dal momento in cui l’opera è stata resa lecitamente accessibile al pubblico[10].

Come tutti gli altri Stati Membri, fino alla data della Brexit il Regno Unito sarà tenuto a rispettare sia le disposizioni contenute nella Direttiva 2006/116/CE, che quelle della Direttiva 2001/84/CE. Una volta fuori dall’Unione, invece, il Regno Unito potrà decidere liberamente come tutelare i diritti d’autore nel rispetto della Convenzione di Berna del 1886 sulla protezione delle opere letterarie e artistiche. Per quanto riguarda il diritto sulle vendite successive, il cui apprezzamento non è unanime nel settore con alcuni operatori che lamentano uno svantaggio concorrenziale rispetto ai Paesi in cui tale diritto non è previsto e, dunque, l’acquisto e la vendita successivi di opere d’arte risultano più convenienti e sgravati da ulteriori obblighi burocratici, il Regno Unito potrà scegliere autonomamente se reintrodurlo a livello nazionale e a quali condizioni sottoporlo.

Licenze all’esportazione

Quando si affronta il tema dell’esportazione di opere d’arte, va sempre tenuta in considerazione la particolarità dei beni e l’importanza che il patrimonio culturale riveste per la storia e l’identità di una nazione, oltre che per la sua economia. Per queste ragioni l’esportazione, anche solo temporanea, dal territorio nazionale delle opere d’arte è sottoposta a controlli rigidi e all’ottenimento di una licenza preventiva all’esportazione, anche se la destinazione dell’opera è un altro Stato Membro. La legislazione britannica prevede che determinati beni culturali, tra cui le opere d’arte che abbiano 50 anni o più, necessitano di una licenza per poter uscire dal territorio britannico[11]. Anche i musei e le istituzioni culturali sono obbligati ad ottenere una licenza prima di esportare le proprie opere d’arte fuori dal Regno Unito, ad esempio, per una mostra o per operazioni di restauro. Questa normativa si applica anche per le esportazioni in altri Stati Membri e tutti gli Stati Membri dispongono di una legislazione simile. Quindi, la Brexit non dovrebbe comportare cambiamenti sostanziali sulla normativa britannica sulle licenze di esportazione dei beni culturali.

La Brexit, però, comporterà la decadenza, nel Regno Unito, del Regolamento (CE) n. 116/2009, relativo all’esportazione di beni culturali[12] con il quale l’Unione ha voluto dotarsi di un ulteriore strumento di controllo, oltre a quelli previsti a livello nazionale da ciascuno Stato Membro, per impedire l’esportazione illecita o incontrollata del patrimonio artistico, subordinandone l’esportazione al di fuori del territorio dell’Unione Europea alla presentazione di una licenza all’esportazione, da richiedere all’autorità competente dello Stato Membro sul cui territorio si trova il bene da esportare. Rimane da vedere se il venire meno di questa barriera di “secondo grado” si tradurrà in una più agevole alimentazione del mercato “grigio” delle opere d’arte attraverso i mercanti del Regno Unito, in particolare, alla volta di collezionisti privati extraeuropei.

Conclusioni

Le possibili conseguenze della Brexit nel settore dell’arte non sono mai state al centro dell’attenzione nel dibattito politico precedente al referendum o nei negoziati avviati in seguito al ricorso all’articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea. La cultura è infatti quasi sempre un argomento con poco appeal politico durante le campagne elettorali o, come in questo caso, referendarie ed è spesso posta in secondo piano anche nei programmi di governo. L’importanza del settore, tuttavia, non è da sottostimare: nel Regno Unito le industrie “creative” sono il settore che cresce più velocemente e il suo valore ha già raggiunto gli 80 miliardi di sterline annui, rappresentando una quota del 9% dell’export nel settore dei servizi[13].

La Brexit ha già causato una modifica nel programma dell’iniziativa “Capitale Europea della Cultura”, che ogni anno assegna il titolo di Capitale Europea della Cultura a una o più città europee per celebrarne il patrimonio culturale e promuovere il turismo. Al Regno Unito, infatti, non sarà concesso di designare una propria città come “Capitale Europea della Cultura” nel 2023, come inizialmente previsto[14]. Con l’avverarsi della Brexit, inoltre, il settore culturale britannico perderà l’accesso ai fondi distribuiti dal programma Europa Creativa, che per il Regno Unito ammontavano a circa 40 milioni di euro.

Prendendo spunto proprio dal settore della cultura, che è per sua natura senza confini e senza barriere, nei prossimi mesi e nei prossimi anni sarà necessario un confronto serio tra Unione e Regno Unito affinché la circolazione delle opere d’arte e l’organizzazione di eventi culturali non subiscano un rallentamento o una riduzione a causa della Brexit.

 

Roberto A. Jacchia
Davide Scavuzzo

 

[1] Si veda: Is there a bubble in the art market?, Université du Luxembourg, gennaio 2016. Disponibile al seguente LINK.[2] The Art Market 2017, An Art Basel and UBS Report prepared by Dr Clare McAndrew. Disponibile al seguente LINK.

[3] Regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione. GUUE L 269 del 10.10.2013.

[4] Si veda: Notice 3001: customs special procedures for the Union Customs Code, disponibile al seguente LINK.

[5] Si veda: Notice 200: Temporary Admission, disponibile al seguente LINK.

[6] Si veda: VAT Notice 702: imports, disponibile al seguente LINK.

[7] Si veda: Notice 3001: customs special procedures for the Union Customs Code, disponibile al seguente LINK.

[8] Direttiva 2006/116/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi. GUUE L 372 del 27.12.2006.

[9] GUUE L 272 del 13.10.2001.

[10] Si veda la Direttiva 2006/116/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi. GUUE L 372 del 27.12.2006.

[11] Statutory Instrument 2003 No. 2759, The Export of Objects of Cultural Interest (Control) Order 2003. Si veda inoltre il seguente LINK.

[12] Regolamento (CE) n. 116/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo all’esportazione di beni culturali. GUUE L 39 del 10.2.2009.

[13] The Art of Brexit, British Council, marzo 2017. Disponibile al seguente LINK.

[14] Si veda il seguente LINK.