TRIBUNALE UE: RIFORMA SMINUITA DALLA BREXIT?

ENTRO IL 2019, VERRÀ DEFINITIVAMENTE COMPLETATO IL PROCESSO DI RIFORMA DEL TRIBUNALE DELL’UNIONE EUROPEA, CHE MIRA A RIDURRE IL CARICO DI PROCEDIMENTI ARRETRATI E LIMITARNE LA LUNGHEZZA.

La riforma, che raddoppierà il numero degli attuali 28 giudici, consta di tre fasi, le cui tempistiche sono determinate dal regolamento 2015/2422 adottato lo scorso dicembre. La prima fase, ormai sostanzialmente realizzata, é consistita nella nomina dei primi 12 giudici aggiuntivi. La seconda, che si concluderà entro la fine di settembre, porterà alla nomina di altri sette giudici e alla fusione del Tribunale dell’UE con il Tribunale della funzione pubblica. La terza fase, che dovrebbe essere realizzata entro settembre 2019, vedrà la nomina dei rimanenti nove giudici, per un totale di 56.

La riforma, che si fonda sul principio di equa rappresentanza degli Stati Membri e dell’equilibrio di genere in seno al Tribunale, vedrà ogni Stato Membro dell’UE rappresentato da due giudici. A tal proposito, l’undicesimo considerando del regolamento espressamente chiede di “… organizzare i rinnovi parziali del Tribunale in modo tale da portare progressivamente i governi degli Stati membri a proporre due giudici in occasione del medesimo rinnovo parziale, allo scopo di privilegiare pertanto, nel rispetto delle condizioni e delle procedure previste dai trattati, la scelta di una donna e di un uomo …”.

La presenza di un maggior numero di giudici contribuirà ad alleggerire il carico di lavoro della Corte di giustizia, in quanto il Tribunale potrà occuparsi delle questioni pregiudiziali interpretative del diritto UE poste dai giudici nazionali, evitando cosí i ritardi nei procedimenti, che si stima abbiano causato 26 milioni di euro di danni.

La struttura della riforma potrebbe essere minata dalla Brexit, soprattutto con riferimento al numero effettivo di giudici che faranno parte del Tribunale, dopo che la stessa sarà divenuta effettiva. Infatti, è possibile che il giudice aggiuntivo del Regno Unito, che dovrebbe essere nominato entro settembre 2019, entri in carica prima della conclusione dell’accordo di recesso e che successivamente, sulla base di quest’ultimo, i due giudici del Regno Unito si dimettano, riducendone il numero effettivo da 56 a 54.

Pietro Michea